La Manutenzione in un Opificio Industriale
Premessa:
Di seguito vi riparto la mia esperienza di quanto implementato nell’ambito tecnico manutentivo all’interno di un opificio industriale.
Manutenzione non è solo fare interventi manutentivi episodici o conseguenti solo a malfunzionamenti o guasti, ma per manutenzione si intende la combinazione di tutte le azioni tecniche volte a mantenere o a riportare un impianto o un componente dello stesso, in uno stato in cui possa eseguire la funzione richiesta nel rispetto delle norme di sicurezza, di affidabilità e durata nel tempo.
E’ compito della manutenzione controllare costantemente gli impianti, assicurare il loro funzionamento e garantire un livello di efficienza sia in termini di tempo che di qualità.
1. CAMPO DI APPLICAZIONE
La manutenzione all’ interno della struttura opera a 360° sull’ intero opificio, in particolare:
- linee di produzione e di confezionamento;
- impianti nella sala di stoccaggio;
- servizi ausiliari (impianto aria compressa, aspiratori, circuito di raffreddamento e riscaldamento, caldaie, servizi di alimentazione, impianti di sicurezza “antincendio e rilevazione” etc).
- fabbricati e immobili di servizio
- Manutenzione e revisione impianti elettrici media e bassa tensione
- Attività di supporto agli impianti di cui soggetti a verifiche periodiche (enti esterni, ASL, VVFF, ISPESL ect)
2. RESPONSABILITA’
Le responsabilità per le attività previste di manutenzione macchine ed attrezzature sono così distribuite :
ATTIVITA’ E RESPONSABILE
ATTIVITA’
|
RESPONSABILE
|
Manutenzione
ordinaria o su guasto
|
Team Manutenzione
|
Manutenzione
straordinaria
|
Team. Manutenzione;
|
Programmazione della manutenzione
|
Resp. Manutenzione
|
Statistiche guasti/tempi
di fermata
|
Resp. Manutenzione
|
Manutenzione
predittiva e
preventiva
|
Resp. ManutenzioneTeam Manutenzione
|
Archiviazione
documenti
|
Resp. di Reparto/ Resp.
Manutenzione
|
Gestione
del magazzino ricambi
|
Resp. Manutenzione/ Magazziniere
|
Gestione
dell’officina
|
Resp. Manutenzione/
Team
Manutenzione
|
3. ASSETTO ORGANIZZATIVO
3.1. Manutentori Interni
Il personale della manutenzione è selezionato sulla base del proprio Curriculum Vitae; essi, ad eccezione del responsabile della manutenzione, si dividono in 2 categorie:
• Meccanici
• Elettricisti
Anche se l' organizzazione futura punta su personale altamente qualificato ricercando figure Polivalenti: Elettromeccanici
Competenze
Il meccanico si occupa di tutti i problemi di natura meccanica e collabora con l’elettricista quando richiesto.
Strumenti di lavoro
Gli strumenti di lavoro del meccanico sono contenuti in carrelli personali (al meccanico di ogni turno ne è assegnato uno), ciascuno dei quali chiuso a chiave; delle due copie esistenti di tali chiavi una è assegnata al meccanico e l’altra al responsabile della manutenzione. Il contenuto di tali carrelli è periodicamente inventariato e ciascun meccanico risponde personalmente degli attrezzi mancanti.
Durante l’inventario ed il normale svolgimento del proprio lavoro, ogni meccanico verifica lo stato dell’attrezzatura e provvede all’eventuale ripristino/ pulizia o fa richiesta di sostituzione quando sia necessario.
Modalità di intervento
Il meccanico opera secondo quanto descritto in PROCEDURA e nel rispetto di quanto in esso contenuto, decide la migliore strategia di intervento autonomamente o, quando necessario, confrontandosi con il responsabile della manutenzione.
Area di Lavoro
Il meccanico opera in tutte le aree dello stabilimento. Egli, una volta individuato il problema, deve preferibilmente, quando possibile, eseguire l’intervento richiesto nel locale Officina; questo riguarda soprattutto le operazioni di:
• saldatura
• trapanazione
• chiodatura
• brasatura
Inoltre, particolare attenzione va prestata per gli interventi nelle zone sensibili.
Quando, dopo aver fatto le valutazioni del caso, sia comunque necessario eseguire l’intervento presso la zona dello stabilimento dove esso è stato richiesto, il meccanico deve valutare se trasportare il carrello degli attrezzi fino al luogo dell’intervento oppure trasferire gli attrezzi necessari nell’apposita cassettina fornitagli.
In nessun caso il meccanico dovrà trasportare gli attrezzi necessari in altro modo. Tutto ciò si rende necessario al fine di una corretta gestione in termini di prevenzione e riduzione di possibili contaminazioni col prodotto finito.
3.1.1. Elettricista
Competenze
L’elettricista si occupa di tutti i problemi di natura elettrica/elettronica e collabora con il meccanico quando richiesto.
Strumenti di lavoro
Gli strumenti di lavoro dell’elettricista sono contenuti in cassette personali (all’elettricista di ogni turno ne è assegnato uno), ciascuno dei quali chiuso a chiave; delle due copie esistenti di tali chiavi una è assegnata all’elettricista e l’altra al responsabile della manutenzione. Il contenuto di tali cassette è periodicamente inventariato e ciascun elettricista risponde personalmente degli strumenti mancanti.
Nel caso in cui, per l’esecuzione del proprio intervento, l’elettricista abbia necessità di attrezzi del meccanico, egli dovrà richiederglieli e trasportare anche quelli nella propria cassettina. Questi attrezzi devono essere restituiti al meccanico al termine dell’intervento e, comunque, al termine del proprio turno.
In nessun caso l’elettricista dovrà trasportare gli attrezzi necessari in altro modo.
Durante l’inventario ed il normale svolgimento del proprio lavoro, ogni elettricista verifica lo stato dell’attrezzatura e provvede all’eventuale ripristino/pulizia o fa richiesta di sostituzione quando necessario.
Modalità di intervento
L’elettricista opera secondo quanto descritto in PROCEDURA e, nel rispetto di quanto in esso contenuto, decide le migliore strategia di intervento autonomamente o, quando necessario, confrontandosi con il responsabile della manutenzione.
Area di Lavoro
L’elettricista opera in tutte le aree dello stabilimento. Egli, una volta individuato il problema, deve preferibilmente, quando possibile, eseguire l’intervento richiesto nel locale Officina; questo riguarda soprattutto le operazioni di:
• riparazione
• ricerca guasti
• analisi con strumentazioni specifiche (meger, tester multifunzione, banco prova ecc.)
3.2. Manutentori Esterni
Il Responsabile della manutenzione decide, secondo le necessità del caso, di avvalersi dell’utilizzo di ditte esterne per lo svolgimento di alcune attività, quasi sempre di tipo programmate.
Questo può avvenire nei seguenti casi:
• momentanea indisponibilità del personale necessario
• necessità di competenza superiore e/o differente da quella dei manutentori interni
• necessità di una competenza specifica ed esclusiva dell’azienda produttrice del dispositivo/apparecchiatura per cui si richiede l’intervento
Il processo di selezione della ditta fornitrice del servizio avviene secondo quanto espresso in Procedura “Valutazione e Qualifica Fornitori”.
Ciascuna delle ditte esterne a cui ci si rivolge riceve, nella persona del suo responsabile/referente, copia della documentazione di sicurezza e delle norme da osservare in stabilimento.
4. POLITICHE E STRATEGIE DI MANUTENZIONE
La manutenzione si occupa di studiare – dal punto di vista progettuale e gestionale – come attuare azioni tecnico-esecutive, al fine di garantire la disponibilità degli impianti, l’economicità della conduzione degli impianti, la loro sicurezza e l’impiego ottimale delle risorse.
Il raggiungimento di questo obiettivo è reso possibile dall’attuazione di azioni gestionali e conservative, per esempio, la Total Productive Maintenance (TPM), i cui aspetti innovativi sono, principalmente, il recepimento e l’applicazione delle teorie riguardanti la manutenzione a guasto, l’affidabilità e la manutenibilità, la particolare attenzione rivolta alle questioni legate all’efficienza economica del progetto e, in ultimo, l’introduzione di un sistema di manutenzione che va a coinvolgere l’attività di tutti gli operatori.
Altro esempio è la Reliability Centered maintenance (RCM), che ha come obiettivo quello
di consolidare l’affidabilità intrinseca del progetto, con un’analisi complessa, che prevede un certo numero di fasi significative e che ha condotto alla piena affermazione della manutenzione predittiva come logica evoluzione della manutenzione preventiva.
L’attività manutentiva si sviluppa in tre direzioni, contemperando altrettante categorie di interventi:
a) interventi che sono posti in essere solo dopo che il guasto si è presentato
(manutenzione non programmata);
b) interventi che scaturiscono da un logico e predeterminato piano programmatico
(manutenzione programmata);
c) interventi incentrati sul tentativo di dare luogo ad un processo di miglioramento continuo nella gestione di queste problematiche (manutenzione migliorativa).
Le possibili varianti della manutenzione preventiva sono:
1. Manutenzione programmata, attuata a intervalli predeterminati, in base al numero di operazioni, al chilometraggio ecc., basata sull’utilizzo di dati affidabilistici ( MTBF, tasso di guasto ecc.);
2. Manutenzione su condizione (CBM), effettuata in base alla conoscenza delle effettive condizioni del sistema, maturata grazie ad un’attività di Condition Monitoring; 3.manutenzione predittiva, basata sulla capacità di prevedere il degrado nel tempo a
partire dal rilievo di alcuni parametri significativi.
4.1. RELIABILITY CENTERED MAINTENANCE – RCM
La RCM è un insieme di regole, di metodi e di procedure per il progetto e la gestione economica della manutenzione, i cui principi mirano ad incrementare rapidamente e a sostenere una crescita della disponibilità e della sicurezza degli impianti. In sostanza la RCM utilizza come base la teoria dell’affidabilità, ossia un modello d’analisi delle cause di guasto, che consente al Responsabile della Manutenzione di definire i piani e le modalità di gestione degli interventi.
Ciò si ottiene praticando la RCM su tre livelli:
1. Stimolando la valutazione delle conseguenze dei guasti, in modo da integrare le decisioni circa la sicurezza, i parametri economici e i costi di manutenzione;
2. Sviluppando la ricerca sui modelli di comportamento al guasto dei sistemi complessi, in modo da avere un nuovo approccio nella scelta delle più opportune politiche di prevenzione, o nell’individuazione di attività alternative, nel caso la manutenzione preventiva non sia applicabile;
3. Combinando queste attività, in un processo che garantisca la produzione di scelte ottimali.
La RCM si basa sulle seguenti fasi significative:
1.Formazione del personale.
2.Raccolta di informazioni.
2.Raccolta di informazioni.
3.Identificazione e suddivisione del sistema.
4.Analisi dei sistemi.
4.Analisi dei sistemi.
5.Strategia.
6.Periodicità dei controlli.
7.Efficienza di costo.
4.2. MANUTENZIONE PRODUTTIVA O TOTAL PRODUCTIVE MAINTENANCE – TPM
La Total Productive Maintenance è una forma di manutenzione produttiva svolta da tutti i lavoratori dell’azienda organizzati in piccoli gruppi di attività.
Non si tratta di una vera e propria politica manutentiva, ma di un insieme di regole e di comportamenti organizzativi, volti al raggiungimento della qualità e dell’efficienza della manutenzione in apparati produttivi complessi nei quali le tradizionali procedure non sono
più sufficienti per la gestione dei fenomeni e occorre coinvolgere tutte le strutture aziendali, mobilitando ciascuno verso il raggiungimento dell’eccellenza.
La manutenzione produttiva comporta una capacità professionale di tipo diffuso, volta alla prevenzione, alla conduzione del sistema produttivo e al riassorbimento in tempi rapidi delle fermate. Si manifesta quindi un nuovo ruolo sul piano organizzativo per la funzione manutenzione, un ruolo di servizio per la produzione, qualificato e proteso verso il miglioramento continuo della efficienza e della efficacia.
Una completa definizione del TPM quindi comprende:
a) il tentativo di massimizzare l’efficacia dei mezzi produttivi in termini di efficienza economica e redditività;
b) la concretizzazione di un complesso sistema di manutenzione produttiva, che includa una manutenzione preventiva e un miglioramento continuo della manutenibilità per l’intero ciclo di vita di ciascun componente;
c) il coinvolgimento di tutti i dipendenti dell’azienda, dal top management in giù, nell’implementazione della manutenzione produttiva;
d) la promozione della manutenzione attraverso piccoli gruppi di attività.
4.3. STRATEGIE MANUTENTIVE
E’ possibile distinguere le seguenti strategie manutentive:
• manutenzione a guasto o correttiva;
• manutenzione preventiva;
• manutenzione predittiva;
• manutenzione migliorativa.
4.3.1. LA MANUTENZIONE A GUASTO O CORRETTIVA
La manutenzione a guasto o Breakdown Maintenance ricorre nel caso di guasto improvviso o catastrofico,cioè in condizioni che una buona attività manutentiva dovrebbe scongiurare a priori.
Ci si basa sull’idea secondo cui, in presenza di sistemi non critici e facili da rimpiazzare a basso costo, è conveniente aspettare che il guasto si presenti, prima di intervenire.
Si tratta dunque di individuare il componente guasto e prendere tutte le misure atte a ristabilire l’integrità operativa del sistema.
Questa strategia presenta numerosi aspetti discutibili:
a) i fermi macchina si presentano in maniera casuale e spesso nel momento meno opportuno;
b) un guasto grave e inaspettato su un componente può avere conseguenze deleterie su altri elementi del sistema, compromettendone la funzionalità con un aggravio consistente dei costi;
c) riparazioni non programmate comportano spesso tempi lunghi (per ottenere le parti di ricambio, assegnare il tecnico adatto ecc.), ostacolando la produzione e tenendo occupato poco proficuamente il personale tecnico.
4.3.2. LA MANUTENZIONE PREVENTIVA
Nell’ambito della manutenzione preventiva (Preventive Maintenance) rientrano tutti quegli interventi che vengono eseguiti in base alla convinzione che sia determinabile la vita media di qualche componente e che si possa anticipare il guasto di un sistema complesso (macchina o linea di produzione), predefinendo il momento dell’intervento in genere di sostituzione, in funzione del tempo di vita attesa del componente stesso.
E’ un tipo di manutenzione che si trova un gradino più su di quella precedente, perchè in questo caso il sistema meccanico è ancora funzionante, ma le sue prestazioni risultano deteriorate fino ad arrivare allo stato di guasto imminente, suggerendo di operare ispezioni, revisioni e attività analoghe, suddivisibili in tre classi:
a) normale manutenzione dei sottosistemi operanti correttamente e dei meccanismi che richiedono una certa cura, mediante lubrificazione, pulizia, regolazione, cambi ecc.;
b) ricerca dei componenti guasti ridondanti ed eventuale riparazione o sostituzione,
c) revisione o sostituzione dei componenti usurati;
Due sono le possibili filosofie da seguire per implementare un’attività di failure avoidance:
• su condizione:è un atteggiamento che riflette la strategia del “se funziona non si tocca”, promuove la manutenzione solo quando necessaria ed evita di bloccare capitali ingenti per garantirsi le parti di ricambio occorrenti a coprire tutte le eventualità;
• secondo un programma:manutenzione effettuata a intervalli costanti, a date stabilite di calendario o sulla base di parametri di utilizzo del macchinario, per assicurare al sistema un sufficiente livello di affidabilità, sicurezza e prestazioni.
4.3.3. LA MANUTENZIONE PREDITTIVA
Questo tipo di manutenzione ha lo scopo di identificare, con un consistente anticipo, la presenza di guasti, così da poter programmare una revisione solo quando le condizioni della macchina ne determinano la necessità. Essa comporta numerosi vantaggi: si tratta di una manutenzione on-condition che prevede la programmazione in tempo reale degli interventi manutentivi, in funzione delle condizioni della macchina e dei requisiti da rispettare, permettendo di evitare downtime non previsti o catastrofiche reazioni a catena, migliorando l’affidabilità globale del sistema per giunta ad un costo ridotto.
E’ un tipo di manutenzione che mira a predire ed identificare i guasti incipienti, non alterando il ciclo di guasto né stendendo il valore di MTBF del sistema, bensì informando puntualmente il manutentore dei problemi che richiedano la programmazione di opportune azioni correttive. L’assunto di partenza è che solo raramente un componente giunge al guasto in modo improvviso; nella maggioranza dei casi (soprattutto per sistemi meccanici, idraulici e pneumatici) il guasto costituisce il punto di arrivo di un deterioramento progressivo.
La manutenzione secondo condizione viene definita sulla base di parametri, che consentono di capire qual è lo stato effettivo della macchina e che sono rilevati attraverso una serie di misure, ispezioni visive, controlli non distruttivi, prove operative o funzionali senza dover smontare i componenti del sistema meccanico. Queste azioni, effettuate ad intervalli regolari definiti per ogni caratteristica, consentono di rilevare quando le prestazioni di un componente iniziano a degradare e, sulla base di queste informazioni, di decidere se effettuare un intervento di riparazione o di sostituzione prima che si verifichi il guasto.
Le tecniche su cui si basa questa pratica manutentiva sono principalmente le seguenti:
• monitoraggio visivo: alla ricerca di eventuali cricche di fatica, difetti di saldatura, disallineamenti ecc.;
• monitoraggio della rispondenza alle specifiche: verificare che pressione, flusso,temperatura, velocità, assumano valori prossimi a quelli di progetto;
• monitoraggio delle vibrazioni e del rumore;
• monitoraggio dei detriti da usura (debris).
La manutenzione secondo condizione va quindi intesa come un processo diagnostico che, fornendo indicazioni sullo stato di salute della macchina, consente di pianificare interventi di revisione, basandosi sulle reali condizioni dei componenti piuttosto che sul tempo di funzionamento.
E’ una filosofia manutentiva che, oltre a permettere indubbi vantaggi economici e operativi, ha anche rilevanti implicazioni sulla progettazione: infatti, per ridurre al minimo i tempi passivi dovuti ai frequenti controlli, è opportuno che il sistema meccanico sia dotato di tutta quanta una serie di accessi necessari alla determinazione dello stato di efficienza dei componenti.
L’individuazione delle parti da sottoporre a revisione, l’identificazione dei parametri significativi nonché la definizione delle frequenze di controllo sono tutte attività che devono essere sviluppate in parallelo all’avanzamento del progetto. I benefici ottenibili non sono esclusivamente economici: il successo della Condition based Maintenance (CBM) non solo previene la rottura e la fermata della macchina, ma aiuta anche ad aumentare la sicurezza degli impianti e dei dipendenti, ad assicurare che l’impianto sia efficacemente utilizzato, comportando una serie di altri vantaggi non trascurabili, riassunti nella seguente Tabella.
Benefici associati alla CBM
Sicurezza
|
Il tempo di risposta della CBM permette il
fermo macchina prima di raggiungere condizioni critiche
|
Aumento della disponibilità dell’impianto,
minori costi di manutenzione
|
Si possono aumentare gli intervalli tra due
successive revisioni. Il down time può essere ridotto avendo predisposto le risorse
|
Maggiore efficienza dell’impianto e migliore
qualità
|
Si possono
variare
le
condizioni di
funzionamento delle macchine per ottenere
un compromesso tra
quanto si deve
produrre e lo stato della macchina
|
Migliore possibilità di negoziazione con i
fabbricanti
|
Poiché le condizioni si misurano
quando il
macchinario è nuovo,
alla fine della garanzia e
dopo la revisione è possibile avere dei dati
di paragone
|
Migliori
relazioni con i clienti
|
Sapendo
in
anticipo quando
un guasto
si
presenterà, è possibile organizzare
meglio
la produzione
|
Opportunità di
progettare meglio
impianti futuri
|
L’esperienza opportunamente raccolta
in file storici può servire
a questo scopo
|
Aumento della
soddisfazione
nel lavoro
|
Il manager di manutenzione è in grado di
pianificare meglio il lavoro del personale al suo servizio
|
4.3.4. LA MANUTENZIONE MIGLIORATIVA
Il limite della manutenzione predittiva va individuato nel suo essere orientata al guasto (failure oriented).E’ più efficace rispetto agli approcci tradizionali, ma lascia ampi spazi di miglioramento in termini di affidabilità e riduzione dei costi. Questa strategia pretenderebbe di fornire all’operatore una segnalazione di allerta con un anticipo sufficiente a permettere di programmare le riparazioni necessarie, minimizzando il downtime. Reali benefici si possono conseguire invece attraverso un altro tipo di manutenzione “su condizione”: la manutenzione migliorativa (o produttiva) (Proactive Maintenance), ove il termine “migliorativa”, si oppone al concetto di reazione, nel senso che si riferisce a un’azione la quale si svolge prima dell’evento critico.
Si tratta di un’attività di pre-allerta che si realizza in anticipo rispetto a qualsiasi danno relativo al materiale o alla prestazione del sistema; Invece di analizzare l’alterazione del materiale o della performance per valutare le condizioni di guasto incipiente o imminente, la manutenzione migliorativa si propone di individuare e correggere valori anomali delle cause prime di guasto che potrebbero portare a condizioni di instabilità operativa.
Questa pratica manutentiva costituisce la prima linea di difesa contro il degrado del materiale (guasto incipiente) e il conseguente indebolimento delle prestazioni (guasto imminente) che inevitabilmente conducono al breakdown; riesce così a garantire un’alta
affidabilità con elevati tempi di utilizzo per i vari componenti del sistema, incidendo in maniera rilevante sui valori del tasso di guasto e di MTBF del sistema.
La manutenzione migliorativa richiede le seguenti azioni:
a) monitoraggio dei parametri chiave indicativi della salute del sistema (cioè le condizioni operative delle cause prime di guasto), per esempio il livello di contaminazione del fluido lubrificante;
b) definizione dei valori di soglia, cioè dei valori massimi accettabili per ogni parametro, per esempio il massimo livello di contaminazione ISO o la massima temperatura;
c) riconoscimento e interpretazione di eventuali valori anomali di questi parametri chiave, che indicano una certa instabilità delle condizioni operative, per esempio livello ISO di contaminazione al di sopra della soglia limite;
d) precisazione dei mezzi e dei metodi da applicare per correggere le cause prime di guasto e ripristinare la stabilità del sistema, per esempio migliorare il sistema di filtraggio e le procedure di ricambio dell’olio.
5. DIAGNOSTICA DEI SISTEMI
L’analisi vibrazionale rientra nelle tecniche di condition monitoring,ovvero l’insieme delle procedure occorrenti per la valutazione delle condizioni attuali di un impianto o apparato, in modo da prevenire i guasti e da mettere in atto la manutenzione solo in presenza di un’avaria potenziale e quando risulti più conveniente in base al programma di produzione. Si tratta di effettuare misurazioni comparative, periodiche o continuative, dei parametri che si ritiene ben rappresentino le condizioni del componente o sistema oggetto dell’analisi, permettendo così di valutarne la situazione corrente e l’andamento futuro in vista di un suo possibile deterioramento.
Le tecniche di monitoraggio più utilizzate per i sistemi meccanici possono essere classificate nei seguenti tipi:
• monitoraggio visivo;
• monitoraggio della performance;
• monitoraggio del rumore e delle vibrazioni;
• monitoraggio del particolato da usura;
• monitoraggio del calore.
Il monitoraggio visivo
Questo tipo di monitoraggio è svolto dagli operatori del sistema (produzione, manutenzione), competenti ad identificare i sintomi più evidenti del degrado di un materiale.
Questa tecnica si basa sull’osservazione del sistema alla ricerca di eventuali cricche, polveri in eccesso, difetti di saldatura, malfunzionamento dei filtri ecc.
Il monitoraggio della performance
Applicando questa tecnica, il personale addetto alla manutenzione può valutare la rispondenza delle prestazioni di una macchina alle specifiche di progetto (per esempio misurando la risposta della macchina sottoposta a un carico standard), riuscendo a porre un relazione i risultati ottenuti con precise anomalie. E’ così possibile mettere in evidenza scorrimenti degli innesti o degli ingranaggi, variazioni di assetto dei cilindri, fuoriuscite interne di liquido ecc., in modo da prevedere per tempo l’inizio di una condizione di guasto.
Il monitoraggio delle vibrazioni e del rumore
Tutti gli elementi di un qualsivoglia sistema dinamico tendono a vibrare, a causa delle imperfezioni presenti sulle superfici a contatto, negli allineamenti, nel bilanciamento delle parti ecc.
Un operatore può ricorrere all’analisi sia delle vibrazioni sia del rumore per investigare sui malfunzionamenti di un sistema. In particolare, i componenti meccanici producono rumore in eccesso a causa del disallineamento dei sistemi di guida, dello sbilanciamento delle parti rotanti, dei cuscinetti difettosi, delle incastellature non rigide.
L’andamento del rumore nel tempo è causato da un’emissione di energia a determinate frequenze.
Scomponendo il livello complessivo di rumore nelle diverse frequenze si ottiene uno spettro acustico. Quest’ultimo si modifica quando un componente subisce un’anomalia, perciò è sufficiente confrontarlo con quello relativo ad un sistema che si sa essere funzionante correttamente per mettere in risalto ogni piccola variazione. Non bisogna del resto sottovalutare il fatto che un livello di rumore al di sopra della norma vada prontamente segnalato anche per gli effetti negativi che può produrre sugli operatori: danni all’udito, affaticamento, stress e una generale azione di disturbo delle capacità fisiche e mentali dell’individuo.
Analogamente le vibrazioni, che sono fenomeni legati naturalmente all’attività operativa, se superano valori standard forniti dall’esperienza, diventano sintomi inequivocabili di una qualche anomalia.
Il monitoraggio del particolato da usura (wear debris)
Un’utile interpretazione della severità dell’usura a cui è soggetto un sistema meccanico normalmente lubrificato è fornita dall’analisi dei frammenti generati dall’usura stessa e dispersi nell’olio di lubrificazione.
Questo tipo di analisi rende possibile la valutazione suddetta, a patto che siano verificate le seguenti condizioni:
esistenza di relazioni funzionali tra la concentrazione dei detriti e il tasso di usura, ottenute attraverso opportuni test di sensibilità al particolato sui vari componenti del sistema in studio;
disponibilità di campioni rappresentativi di fluido in base agli standard ISO;
capacità di estrazione e misura dei detriti dall’olio, mediante le tecniche disponibili (spettrometria, ferrografia, conteggio delle particelle);
interpretazione dei risultati ottenuti mediante le relazioni funzionali di cui sopra.
Studiando le caratteristiche chimico-fisiche delle particelle, la loro concentrazione, la distribuzione dimensionale nonché morfologica e rapportando questi dati a quelli delle precedenti misurazioni, l’analista sarà in grado di formulare ipotesi attendibili sullo stato di salute della macchina.
Il monitoraggio del calore
Quando le superfici sono sollecitate eccessivamente, il materiale si flette, le forze di frizione (e il carico dei cuscinetti) aumentano, i fenomeni di usura superficiale ( adesione, abrasione) accelerano. In tali condizioni la produzione di calore ( energia termica ) in eccesso si traduce in un aumento localizzato della temperatura, che può essere misurato da opportuni strumenti.
Nel campo del monitoraggio del calore, è possibile individuare due tecniche principali. 1.Calorimetria: è una tecnica di misurazione del calore assorbito o ceduto da un sistema, che sfrutta sensori di temperatura di tipo sia termoelettrico sia resistivo, in particolare i seguenti: termocoppie, pirometro ottico, termometro resistivo, pirometro a radiazioni. 2.Termografia: si tratta di una tecnica particolarmente utile quando i corpi da studiare sono molto lontani, eccessivamente caldi, in moto o fragili, la quale utilizza un’apposita telecamera sensibile alle radiazioni della porzione infrarossa dello spettro.
Uno dei sensori di radiazioni più utilizzato è il termografo;esso è in grado di misurare la temperatura di una grande varietà di oggetti posti a una certa distanza, senza un contatto. Quest’interessante risultato si ottiene rilevando l’energia infrarossa che irradia da un qualunque corpo al di sopra dello zero assoluto e convertendola nell’equivalente valore della temperatura di superficie.
In ottica manutentiva, la misurazione della temperatura di un sistema assume un certo rilievo: qualunque dispositivo che genera, conduce o consuma potenza emette calore in conseguenza delle perdite di energia del sistema. Generalmente, a una diminuita efficienza di un componente corrisponde un aumento del calore emesso; quindi un dispositivo in avaria presenta una temperatura in rapido aumento, sintomo di un guasto incipiente. In particolare i sistemi meccanici, più di quelli elettrici o chimici, ben si prestano a essere soggetti a questo tipo di rilevamento; ci sono molteplici possibilità applicative su una serie di componenti di cui si cerca di valutare, con questa tecnica, la “normalità” delle condizioni operative: accoppiamenti per trasmissioni di potenza, cuscinetti, riduttori, circuiti di raffreddamento ecc. Si è in grado così di individuare le fonti di eccesso di calore, valutando allo stesso tempo l’aumento di temperatura che ne consegue.
5.1. L’ANALISI DELLE VIBRAZIONI E DELL’OLIO LUBRIFICANTE
5.1.1. L’ANALISI DELLE VIBRAZIONI
Per vibrazione s’intende il movimento oscillante di una macchina, o parte di essa, rispetto alla propria posizione di riposo. Le cause di questo fenomeno sono le più svariate (Tabella A1), quasi sempre riferibili a difetti meccanici e strutturali; le più comuni sono: squilibri delle parti rotanti, disallineamento dei cuscinetti a rotolamento o dei giunti, attriti dovuti all’usura fra i denti degli ingranaggi, cinghie di trasmissione difettose per la presenza di risalti, serraggi difettosi nel collegamento fra i componenti del sistema meccanico, fenomeni di risonanza ecc.
Una macchina vibra quando la massa della sua carcassa è soggetta a forze periodiche, derivanti da:
• componenti solidali alla carcassa (per esempio l’avvolgimento delle macchine elettriche);
• forze di reazione (per esempio lo scoppio nei motori a combustione interna);
• forze trasmesse alla carcassa dal rotore attraverso i supporti, centrifughe (dovute allo sbilanciamento) o a impulsi (dovute all’accoppiamento di ingranaggi o al fluido che incontrano le palette di un rotore)
Tabella A1 - Tipologie di fenomeni vibratori
Cause
|
Ampiezza
|
Frequenza
|
Considerazioni
|
Squilibrio
|
Più grande nella
direzione
radiale
|
1x giri/min
|
E’ una delle
cause
più frequenti
|
Disallineamento
cuscinetti
|
Grande nella
direzione assiale
|
Normalmente
1x giri/min
|
E’ la causa più
evidente di una vibrazione assiale
|
Cuscinetti in
cattive
condizioni
|
Instabile
|
Molto elevata
|
Il cuscinetto rovinato
è quello che vibra di più
alle alte frequenze
|
Ingranaggi in cattivo stato
|
Bassa
|
Molto elevata
|
La vibrazione max si
misura al centro delle
ruote dentate
|
Cinghie di
trasmissione
difettose
|
Irregolare
o pulsante
|
1-4x giri/min delle
cinghie
|
Per il controllo visivo
si usa lo stroboscopio
|
Elettriche
|
Non elevata
|
1 o 2 volte la
frequenza
sincrona
|
Se interrompendo
la
corrente si ha s=0 la
causa è elettrica.
|
Come detto, in genere esiste più di una causa di vibrazione per una macchina, ciascuna delle quali è caratterizzata da una propria frequenza; si parla allora di vibrazione complessa e di:
• frequenza predominante: la frequenza di vibrazione avente la massima ampiezza;
• frequenza fondamentale:è la prima (più bassa) frequenza normalmente associata a un particolare tipo di problema;
• frequenza armonica: è la frequenza esattamente pari a un numero intero di volte la frequenza fondamentale.
Gli accorgimenti per la misura delle vibrazioni
La velocità e la frequenza sono i due parametri più utilizzati per valutare le condizioni
della macchina in termini di vibrazioni.
La velocità permette immediatamente di valutare l’entità dell’ampiezza delle vibrazioni, eventualmente raffrontandola con i dati riguardanti la situazione passata del macchinario, fornendo elementi utili per uno studio prospettico sulle variazioni future. E’ però lo studio della frequenza a garantire la possibilità di identificare il componente responsabile della vibrazione: la conoscenza dell’ampiezza e della velocità di vibrazione dà la misura della gravità del fenomeno, ma talvolta non è sufficiente a individuarne la causa. Il valore massimo della frequenza infatti è generalmente pari a un multiplo della velocità angolare della macchina in studio ed è spesso utilizzato per determinare il tipo di anomalia che è intervenuta a causare una vibrazione superiore ai limiti prefissati. L’analisi si effettua correlando la frequenza della vibrazione con quella fondamentale dell’organo del sistema: l’ampiezza massima della vibrazione di un certo organo si riscontra in corrispondenza della frequenza fondamentale o delle armoniche successive; ciò è in genere sufficiente a identificare il difetto.
Il dispositivo usato per la misura è di norma posto sui supporti della macchina da controllare; altri punti possono essere la cassa, i piedi, le flange. Per una valutazione accurata delle vibrazioni, le misure vanno eseguite secondo tre direzioni ortogonali: orizzontale, verticale, assiale.
Le tecniche di monitoraggio delle vibrazioni
Le tecniche di monitoraggio delle vibrazioni si distinguono in tecniche di analisi delle vibrazioni che si basano sul tempo e tecniche di analisi delle vibrazioni che utilizzano la frequenza come parametro significativo.
Entrambi i gruppi sono riportati sinteticamente nella Tabella A2.
Tabella A2 - Classificazione delle tecniche di analisi delle vibrazioni
Parametro
significativo
|
Tecnica
|
Tempo
|
Root Mean Square (RMS)
Livello di
picco
Shock Pulse Method
(SPM) Energia di punta
Forma d’onda nel tempo
|
Frequenza
|
Spectrum analysis
Waterfall plot Cepstrum analysis
Differenza di spettri
|
a) Le tecniche basate sul parametro tempo
Misura del livello globale (Root Mean Square – RMS)
E’ la misura dell’ampiezza media di vibrazione in funzione del tempo. Ci si basa sul confronto con apposite carte su cui sono indicati i livelli accettabili. Presenta consistenti limiti in quanto è una tecnica poco sensibile; in presenza di difetti di piccola entità infatti la segnalazione può essere tardiva.
In particolare, sorgono problemi nell’individuare picchi di breve durata o impulsi, come è spesso il caso per le vibrazioni prodotte da ingranaggi o cuscinetti di rotolamento. Per questi ultimi infatti la vibrazione è costituita da un breve impulso che si genera ogni qual volta uno degli elementi rotanti (sfere, rulli) passa sopra il difetto.
Individuazione del livello di picco
In alternativa all’RMS, è una tecnica particolarmente utile per segnalare, per esempio, l’aggravarsi di un cuscinetto danneggiato, ma è poco affidabile perché l’aumento del livello di picco di un segnale può essere dovuto anche ad altre cause.
Shock Pulse method (SPM)
Si tratta di una tecnica che permette di individuare lo sviluppo di un’onda dovuta allo shock meccanico derivante, per esempio, da un cuscinetto in avaria e consiste in una misura del livello
alla frequenza di risonanza del cuscinetto. In altri termini, visto che può essere difficile individuare un cuscinetto difettoso con una semplice analisi di spettro se il suo contributo alla vibrazione complessiva è scarso, lo SPM misura l’onda di pressione generata dall’impatto degli elementi rotanti di un cuscinetto, mediante un accelerometro. Se il segnale in uscita dallo strumento viene filtrato alla frequenza di risonanza, si ottiene lo shock pulse.
Energia di punta
Si basa sullo studio dell’accelerazione massima alle alte frequenze, utilizzando un circuito che respinge le vibrazioni provocate da sorgenti caratterizzate da bassa frequenza, mettendo in risalto il livello di picco causato dall’eccitazione della macchina in risonanza.
Forma d’onda nel tempo
Mediante uno strumento semplice come l’oscilloscopio, è possibile visualizzare la forma d’onda della vibrazione. Singolarmente considerata, questa tecnica non fornisce molte informazioni, ma rappresenta un utile strumento se viene affiancata ad altri metodi.
b) Le tecniche basate sul parametro frequenza
Spectrum analysis (analisi di spettro)
Lo spettro deriva dalla forma d’onda della vibrazione, attraverso l’utilizzo della trasformata di Fourier; cioè si studia l’ampiezza di vibrazione in funzione della frequenza. L’analisi diretta dello spettro, o degli indici che da esso derivano, è uno dei migliori metodi di monitoraggio della condizione di un sistema meccanico o strutturale. E’ infatti possibile rapportare i picchi dello spettro ai singoli componenti della macchina, sfruttando il fatto che la frequenza misurata è direttamente proporzionale alla velocità di rotazione della macchina stessa.
E’ chiaro che le caratteristiche vibratorie di ciascun sistema sono uniche e dipendono dal metodo di assemblaggio, montaggio e installazione del sistema stesso; di conseguenza è possibile ricavare uno spettro di riferimento (segnature spectrum), ottenuto in condizioni di utilizzo normale, da utilizzare come termine di paragone per analisi successive, in modo da evidenziare correttamente quelle frequenze in cui si è verificato un aumento del livello delle vibrazioni.
Intreccio a cascata (waterfall plot)
Si tratta di una rappresentazione tridimensionale dello spettro, in cui la terza dimensione è data generalmente dal tempo, il che permette di individuare con immediatezza ogni singola variazione temporale dello spettro.
Cepstrum analysis
Il cepstrum è lo spettro del logaritmo del power spectrum (inteso come ampiezza rispetto alla frequenza); serve a evidenziare eventuali periodicità dello spettro, proprio come quest’ultimo pone in risalto le periodicità della forma d’onda rispetto al tempo.
Di conseguenza, più armoniche in uno spettro si sommano in un unico picco del cepstrum, consentendo una più precisa determinazione delle frequenze specifiche di guasto.
Differenza di spettri
Sottraendo matematicamente uno spettro da un altro, si mettono in risalto eventuali differenze di livello, il che consente poi di attuare un’analisi di frequenza di guasto per mettere in relazione le frequenze ai vari componenti del sistema.
Gli strumenti per l’analisi delle vibrazioni
I trasduttori per la misura delle vibrazioni possono basare il loro funzionamento su proprietà elettromagnetiche, elettrodinamiche, capacitive, piezoelettriche; sono quasi tutti caratterizzati dalla presenza di una sonda che trasforma il segnale da meccanico in elettrico. Essi sono: gli accelerometri, i trasduttori di velocità, lo stroboscopio, il registratore magnetico a nastro, il metodo laser-olografico, il monitoraggio multi-channel delle deviazioni.
5.1.2. L’ANALISI DELL’OLIO LUBRIFICANTE
Il lubrificante ha lo scopo di ridurre l’attrito fra due superfici striscianti l’una sull’altra. L’utilizzo di tali fluidi infatti permette di sostituire all’attrito fra le due superfici asciutte quello interno del fluido, che è molto minore. Tale accorgimento consente una diminuzione considerevole sia delle quantità di energia perduta sotto forma di lavoro di attrito nelle macchine sia dei danni provocati dall’usura, cioè dall’asportazione di particelle dalle superfici durante il movimento reciproco di scorrimento. In particolare, si possono evidenziare fenomeni di usura meccanica (con rilascio di particelle metalliche dello stesso materiale di cui si compone il pezzo usurato) o chimica ( in presenza di una reazione si generano ossidi, sali, fosfati ecc.).
Si tratta in generale di un processo complesso che è influenzato da diversi fattori: il lubrificante, il materiale costituente le superfici, le caratteristiche dell’organo lubrificato ( conformazione geometrica, grado di finitura delle superfici, giochi), le condizioni di funzionamento (velocità di scorrimento, carico, condizioni ambientali).
L’analisi dell’olio è in grado di rilevare carenze o malfunzionamenti inerenti allo “stato di salute” del macchinario in esame.
Estese ed approfondite indagini condotte negli ultimi decenni hanno permesso di individuare e quantificare alcune caratteristiche peculiari delle particelle, fondamentali per l’interpretazione dei processi tribologici. Si è dimostrato che le particelle di usura
conservano elementi tipici dei meccanismi che le hanno prodotte, e in particolare sono individuabili:
• caratteristiche quantitative (quantità e distribuzione dimensionale delle particelle);
• caratteristiche qualitative (natura dei frammenti prodotti).
Si può ritenere che i processi di usura siano contraddistinti da quattro elementi fondamentali:
• livello quantitativo correlato al volume totale delle particelle di usura prodotte e rappresentativo dell’entità dell’usura nelle zone di contatto;
• livello di severità correlato alla distribuzione dimensionale delle particelle prodotte;
• distribuzione morfologica dei frammenti significativi, che evidenzia, con buona precisione, i meccanismi di usura in atto (adesione, abrasione, delaminazione ecc.) responsabili dei danneggiamenti;
• natura dei frammenti correlata ai materiali costitutivi degli stessi, che permette l’identificazione delle sorgenti delle particelle prodotte.
I vantaggi e le applicazioni
L’attività di analisi del lubrificante porta dei vantaggi rispetto all’investimento iniziale, i quali possono aggirarsi intorno al 250%. L’analisi effettuata permette di ottenere informazioni che riguardano:
• le proprietà fisiche dell’olio lubrificante, come la viscosità, il livello di contaminazione ecc.;
• le condizioni del componente o sistema da cui si è prelevato l’olio.
Per il responsabile della manutenzione ciò vuol dire avere la possibilità di programmare in maniera più efficiente i fermi macchina, garantendo tempi ridotti per la riparazione e rendendo possibili continui miglioramenti (calcolando, per esempio, la cadenza ottimale con cui procedere alla sostituzione dei filtri).
Le tecniche di analisi dell’olio
Il nostro programma di analisi dell’olio comprende tre categorie di analisi.
1. Analisi delle proprietà del fluido. E’ un’indagine essenziale per assicurare un buon livello qualitativo del lubrificante, le cui caratteristiche vanno ciclicamente confrontate con quelle di un olio nuovo, con particolare riferimento a viscosità, TAN, TBN, punto di infiammabilità.
2. Analisi dei contaminanti. E’ importante compiere test come il computo delle particelle, l’analisi dell’umidità, il test del glicole (per segnalare eventuali fuoriuscite del fluido refrigerante), il controllo del combustibile presente.
3.Analisi dei detriti da usura. E’ il tipo di analisi più direttamente correlabile con lo stato di salute della macchina.
La ferrografia
La ferrografia è una tecnica che offre le seguenti opportunità:
• raccolta delle particelle di usura disperse nei fluidi lubrificanti e deposito delle stesse in ordine di massa su un substrato trasparente (ferrogramma);
• selezione e separazione delle particelle grandi (maggiori di 10m – usura severa) e piccole (circa 5 m – usura normale) in due gruppi, con localizzazione in zone diverse del substrato;
• determinazione della concentrazione di particelle grandi e piccole mediante un lettore densitometrico;
• Studio delle particelle significative per la definizione delle proprietà morfologiche e della natura dei materiali costitutivi.
Il principale vantaggio della ferrografia rispetto alle altre tecniche è rappresentato dalla capacità di depositare e ancorare le particelle di usura sul ferrogramma in ordine di massa. Quest’ultimo permette infatti di condurre in modo agevole e preciso le varie analisi, altrimenti difficilmente realizzabili, per la determinazione delle caratteristiche dei frammenti. La ferrografia inoltre risulta più sensibile ai primi sintomi di usura nei motori, quando le particelle rimangono nell’olio sotto forma di colloidi stabili; inoltre garantisce l’individuazione di particelle con dimensioni variabili da meno di 1m a circa 250m, cosa impossibile per la spettrometria. Tuttavia è una tecnica lenta e costosa in quanto richiede personale specializzato.
La spettrometria
La spettrometria è la tecnica più comunemente applicata per l’analisi dei detriti da usura: è in grado di riportare in parti per milione (ppm) le concentrazioni di almeno 20 elementi diversi, sia metallici (ferro, alluminio, cromo, rame, stagno, piombo ecc.) sia additivi (calcio, bario, magnesio, zinco, fosforo, boro e molibdeno). Ciò è chiaramente molto vantaggioso per l’operatore, il quale, per esempio, se l’analisi evidenzia la crescita della percentuale di alluminio e ferro, potrà restringere la fase ispettiva soltanto a quei componenti che sono fatti di questi due metalli.
Numerose altre tecniche sono disponibili per effettuare l’analisi degli oli. Tra queste si possono ricordare:
• detector magnetico;
• test di assorbimento dell’olio usato;
• cromatografia a strato sottile;
• analisi al microscopio;
• microscopio a televisione;
• monitoraggio della distribuzione del particolato;
• monitoraggio in linea;
5.2. MANUTENZIONE PREDITTIVA SKF
La partnership a lungo termine intrapresa con la SKF, leader mondiale nella progettazione di cuscinetti per organi rotanti, risulta funzionalizzata all’obiettivo essenziale di ridurre i costi legati alla gestione degli impianti.
I parametri sui quali è possibile intervenire, tenendo conto della suddetta finalità, sono molteplici e diversi a seconda delle realtà prese in considerazione, partendo da un approccio di tipo predittivo implementato da attività proattive volte al miglioramento/eliminazione del problema rilevato.
La collaborazione con la SKF è basata prevalentemente su un’attività di consulenza, che può prevedere: il calcolo di un cuscinetto, il re-engineering di una macchina oppure la sua analisi.
L’ottimizzazione delle soluzioni tecniche porta ad una riduzione dei tempi di fermata, oltre che ad un risparmio dovuto alla razionalizzazione degli acquisti.
5.2.1. SERVIZIO MONITORAGGIO IMPIANTI
Strumentazione Hardware e Software utilizzata
La strumentazione da noi utilizzata per l’analisi ed il controllo del macchinario rotante in genere e dello stato di salute dei cuscinetti è stata realizzata dalla SKF utilizzando le tecniche più avanzate sullo sviluppo dei microprocessori.
Per le rilevazioni sul campo verrà utilizzato uno strumento portatile SKF Microlog dotato di analizzatore FFT, e di elevata memoria.
Con lo strumento Microlog pertanto è possibile rilevare i dati dal campo (vibrazioni, temperature, velocità, note operatore, ecc.), la cui analisi consente in tempo reale di identificare anomalie o guasti legati al cattivo funzionamento delle macchine o a difetti dei cuscinetti, sia per correggere eventuali sbilanciamenti.
La strumentazione utilizzata è come minimo certificata CSA, FM classe 1 div. 2 gruppi A, B, C, D.
I dati rilevati dallo strumento vengono poi inviati ad un PC sul quale sarà residente un software di gestione dati PRISM4/Machine Analyst. Questo software consente la
programmazione di una raccolta organica e sistematica delle misure, con tutte le funzioni moderne di grafica, di trend, di spettro e report vari. Vi sono poi dei moduli specifici che permettono di allargare il campo di indagine per i cuscinetti volventi.
Servizi di manutenzione
Le possibilità di monitoraggio offerte dalla SKF comprendono:
-assistenza al montaggio/smontaggio cuscinetti critici;
-allineamento alberi;
-bilanciamento giranti sul campo;
-ispezione cuscinetti ed emissione report di azioni correttive.
In base a quanto predetto, l’obiettivo è quello di ottenere i seguenti vantaggi economici:
-riduzione rotture cuscinetti per montaggi impropri (dall’esperienza SKF il 16% delle rotture deriva da montaggi non corretti) in concomitanza di training al personale;
-miglioramento condizioni di funzionamento delle macchine con diminuzione livello vibrazionale, consumo tenute, minori attriti (5-10% di maggior fabbisogno energetico per macchine non correttamente mantenute);
-riduzione rotture per errata/mancata lubrificazione con conseguente diminuzione consumo grasso lubrificante e minor contaminazione ambientale.
Spettro di baseline
Per trarre il massimo vantaggio dai particolari acquisiti è necessario avere analisi di firma vibrazionale o di baseline.
Ne consegue la necessità di registrare un’analisi di baseline e poi confrontarla con analisi di spettro successive.
Le analisi di firma di baseline devono essere raccolte e archiviate per ogni punto di misura della vibrazione indipendentemente dalla complessità della macchina.
Questo lavoro viene effettuato alla partenza di un programma di manutenzione predittiva, in quanto
è necessario conoscere in prima battuta lo stato di salute iniziale del macchinario rotante per poter fare successivamente le dovute considerazioni.
Analisi delle cause di guasto
Il cuscinetto è testimone del corretto funzionamento della macchina e di conseguenza porta le tracce di eventuali problematiche insorte.
Avvalendoci della SKF siamo in grado di avere report dettagliati sulle condizioni dei cuscinetti sostituiti ed eventualmente anche sulle altre parti di macchine rotanti. Questa attività, interfacciata con l’analisi vibrazionale, diventa la chiave per ottenere dei risultati in ottica di miglioramento della disponibilità degli impianti. L’individuazione del problema tramite l’analisi vibrazionale deve assolutamente essere completata da un’analoga attività di analisi delle cause di guasto.
5.2.2. PROGRAMMA DI ANALISI DEI LUBRIFICANTI
Sui motori che vengono sostituiti viene effettuata l’analisi dei lubrificanti.
In tal modo è possibile giungere ad una diagnosi accurata con le indicazioni delle eventuali azioni correttive da intraprendere.
Gli elementi individuabili sono materiali dovuti ad usura (acciaio, leghe, bronzo, ottone, metallo bianco, rame, cromo, …) e contaminanti provenienti dal processo.
Inoltre può essere determinata la quantità di additivi ancora presente nel lubrificante per verificare che essi possano ancora svolgere la loro funzione.
Insolubili (solidi)
Il campione è filtrato normalmente attraverso filtri da 1 a 5 micron. Il peso delle particelle rimaste sul filtro è espresso in percentuale.
Il test fornisce inoltre un’indicazione sull’efficienza dei filtri o delle tenute presenti sul macchinario.
Contenuto d’acqua
L’acqua provoca corrosione, aumento di usura sugli ingranaggi, cuscinetti e componenti idraulici e schiuma nell’olio. Per tali motivi è molto importante determinarne l’eventuale presenza.
Acidità (TAN = Total Acid Number)
Normalmente è utilizzata come indice di un prolungato tempo di permanenza ad alte temperature oppure dell’ossidazione del lubrificante.
Tipici sintomi dell’ossidazione sono inoltre la perdita di colore e l’odore di bruciato.
Basicità (TBN = Total Base Number)
Utilizzata per determinare l’alcalinità di un lubrificante, ad esempio nel basamento di motori. Un lubrificante per tale applicazione possiede riserve di alcalinità che vanno via via diminuendo a causa degli acidi dovuti alla combustione. Una volta che il TBN si è ridotto del 50% il lubrificante deve essere cambiato per evitare la corrosione dei componenti.
Punto di infiammabilità
Utilizzato per identificare la presenza di combustibili (benzine, gasolio, …), solventi o gas.
Particelle (PQ)
Questo test fornisce un numero che indica la quantità di particelle ferromagnetiche presenti nel campione. Identifica particelle di dimensioni superiori ai 20 micron, individuando danneggiamenti dovuti alla fatica ed erosioni (in caso di usura, normalmente le particelle hanno dimensioni inferiori ai 10 micron).
E’ possibile (non incluso nel test standard) richiedere il conteggio delle particelle e la classificazione del campione in base al codice ISO
Stabiliti i punti di prelievo e la periodicità, vengono definite le analisi necessarie.
Di seguito è riportata una breve descrizione delle analisi “standard” che vengono effettuate.
Viscosità cinematica a 40 °C e 100 °C
La viscosità è un test standard per la misura della resistenza allo scorrimento di un olio in funzione della temperatura. La viscosità cinematica, misurata in mm2/s, è il metodo ISO per la classificazione degli oli. ISO 5, 10, 15, …, 680, 1000, rappresentano la viscosità di un olio alla temperatura di 40 °C (tolleranza 10%.
Il test è utilizzato per rilevare contaminazione da parte di altri lubrificanti, ossidazione severa o contaminazione da fluidi (petrolio, solventi, …). Viscosità troppo alte potrebbero essere indice di contaminazione solida, usura, alta temperatura e, conseguentemente,
riduzione della vita residua del lubrificante.
Analisi degli elementi
La presenza e le quantità di elementi nel campione può essere determinata tramite diverse tecniche:
-Inductively Couplet Plasma Spectrometer (ICP)
-Atomic Absorption spectrometer (AA)
-Spark Emission Spectrometer (Rotarode) La tecnica utilizzata nel nostro caso è la ICP.
Risultati
I risultati sono comunicati tramite un modulo di facile comprensione ed interpretazione. In esso vengono riportate:
• le informazioni sul tipo di macchina, applicazione, cliente;
• le ultime 4 analisi effettuate per i parametri più significativi;
• 6 grafici con i trend dei parametri più significativi;
• la condizione rilevata per il campione, contrassegnata da un triangolo verde (soddisfacente) o da un quadrato giallo (attenzione) o da un cerchio rosso (problema);
• l’interpretazione dei risultati effettuata dallo specialista. Nel caso di quadrato giallo o cerchio rosso saranno evidenziati i relativi problemi e le azioni correttive da
intraprendere.
Il cliente riceve il kit ed effettua i prelievi periodici.
I campioni vengono inviati al laboratorio SKF oppure a SKF Reliability Systems.
Il laboratorio analizza i campioni ed emette il report.
Il report viene inviato al cliente ed alla persona di riferimento SKF.
Ogni azione correttiva viene discussa e concordata con il tecnico SKF.
I campioni vengono prelevati secondo:
• “Vampire pump” (pompa a vuoto per il prelievo)
• Siringa
• Foro di drenaggio
6. PROCEDURA
6.1. INTERVENTI DI MANUTENZIONE DELLA STRUTTURA DELLO STABILIMENTO
Ad oggi, per gli interventi di manutenzione che riguardano la struttura dello stabilimento (es.: pittura che si sfalda, superfici danneggiate, ecc.), si rivolge esclusivamente a manutentori esterni.
6.1.1. Zone Sensibili
La richiesta di tali interventi è delegata, per quanto concerne la zona produttiva e con particolare riguardo alla zone definite come “sensibili” alla seguenti figure:
Zona
|
Richiedente
|
Produzione
|
Capo Reparto
|
Confezionamento
|
Capo Reparto
|
Pallettizzazione
|
Responsansabile
Area / Capo turno
|
Magazzino Automatico
|
Responsabile Magazzino
|
La richiesta di tali interventi avviene tramite un
modello “Richiesta Intervento Struttura
Stabilimento” presente sul SW in rete suddiviso per aree di stabilimento; l’accesso al sistema per la registrazione avviene tramite badge personale, lo stesso vale per la chiusure dell’intervento da parte del manutentore
di servizio.
Il modulo compilato viene inserito a sistema ed visualizzato all’interno della postazione in
officina a servizio dei manutentori di turno, che visualizzando l’anomalia e/o la problematica segnalata dal reparto, attive l’intervento partendo normalmente da un sopralluogo in loco.
I Responsabili di Turno, nel caso di fermi macchina o malfunzionamenti rilevanti dei mezzi
di produzione, effettuano la richiesta
di intervento secondo la procedura indicata nel diagramma
di
flusso “Gestione
MOD richiesta intervento” sotto riportato.
Gli interventi vengono effettuati nel rispetto dei “manuali di uso e manutenzione” presenti o a bordo macchina o presso l’archivio in rete presente sul PC in officina o presso i reparti produttivi.
7.4 PIANIFICAZIONE E PROGRAMMAZIONE DEI LAVORI DI MANUTENZIONE
Documentazione di riferimento:
PIANI DI MANUTENZIONE, MODULO INTERVENTO
Le attività di manutenzione degli impianti (linee di produzione, macchine confezionamento, facility), sono pianificate sulla base di programmi predisposti dalla Manutenzione e riepilogati sulla Lista Piani di Manutenzione.
Sui piani di ogni singola macchina o parte d’impianto sono previste:
- verifiche e attività da effettuare, ivi comprese le verifiche di corretta funzionalità delle apparecchiature di controllo dei parametri di processo;
- frequenza dell’intervento, su base temporale o in funzione delle quantità prodotte.
Nel caso di macchine nuove, gli interventi da effettuare e le relative frequenze vengono dedotti da quanto riportato sui manuali di uso e manutenzione del costruttore. Questi interventi sono effettuati da personale tecnico delle aziende fornitrici coadiuvato da personale interno specializzato.
Le attività di manutenzione sono svolte da personale interno specializzato e da imprese esterne qualificate, con le quali sono stati stipulati appositi contratti, gestiti dalla Manutenzione.
In tutti i casi sopra descritti, gli interventi previsti sono preliminarmente comunicati alle relative Aree interessate (Produzione, Logistica, etc), per garantire la disponibilità degli impianti.
La Manutenzione si preoccupa che sia disponibile alle imprese tutta la documentazione occorrente (manuali di uso e manutenzione, disegni, schemi elettrici, etc) allo svolgimento delle attività di manutenzione prevista e programmata.
Le risultanze di tali attività sono riportate dalle stesse imprese sulla Modulistica di Intervento Manutentivo, che viene vistata per accettazione dal Responsabile Tecnico con eventuali note, nel caso non sia del tutto soddisfatto del risultato, e riconsegnata all’operatore dell’ente Manutenzione, che lo fa pervenire successivamente al Responsabile della Manutenzione.
Nessun commento:
Posta un commento